giovedì 29 luglio 2010

Tempio di Venere

Il tempio di Venere e Roma (templum Veneris et Romae) era il più grande tempio conosciuto dell'antica Roma. Situato nella parte est del Foro romano occupa tutto lo spazio tra la basilica di Massenzio e il Colosseo. Era dedicato alla dee Venus Felix (Venere portatrice di buona sorte) e Roma Aeterna. Precedentemente si trovava in questo sito l'atrio della Domus Aurea di Nerone, dove era collocato il colosso dell'imperatore, un'enorme statua bronzea alta 35 metri più la base. Quando Adriano decise la costruzione del tempio, procedette a ridedicare la statua al dio Sole e la fece spostare, con l'aiuto di ventiquattro elefanti. I saggi archeologici al di sotto del tempio hanno trovato i resti di una ricca casa di età repubblicana.
L'architetto del tempio fu lo stesso imperatore
Adriano. La costruzione, iniziata nel 121, fu inaugurata ufficialmente da Adriano nel 135 e finita nel 141 sotto Antonino Pio. L'opera venne aspramente criticata dall'architetto imperiale Apollodoro di Damasco, che pagò con la vita la sua audacia. Cassio Dione Cocceiano narra così la vicenda: Gli fece recapitare i disegni del tempio di Venere e Roma per fargli vedere come una così grande opera potesse essere realizzata anche senza il suo aiuto, e chiedendogli se il progetto dell'edificio fosse di suo gradimento. L'architetto nella sua risposta dichiarò, come primo punto, che si sarebbe dovuto costruire il tempio su di un piano sopraelevato e che si sarebbero dovuti creare locali sottostanti, di modo che esso avrebbe potuto meglio dominare la Via Sacra dalla sua posizione rialzata, e avrebbe potuto anche accogliere macchine teatrali nei suoi scantinati cosicché, potendole tenere nascoste, sarebbe stato possibile introdurle nell'adiacente teatro (Colosseo) senza essere viste in anticipo. Come secondo punto, a proposito delle statue delle dee, disse che erano state fatte troppo grandi per l'altezza delle loro celle. "Di fatto," osservò, "se le dee volessero alzarsi dai loro troni e andar fuori, sarebbero impossibilitate a farlo." Quando egli scrisse tutto questo ad Adriano così, senza mezzi termini, l'imperatore ne fu irritato, e a maggior ragione dispiaciuto, per il fatto che era ormai troppo tardi per poter rimediare agli errori in cui era caduto, e non volendo contenere né la sua rabbia né il suo rincrescimento, lo fece uccidere.[1] Sempre lo stesso autore spiega che i rapporti di Apollodoro con l'imperatore erano pessimi fin da quando, molti anni prima, mentre parlava di architettura con Traiano, egli si era rivolto ad Adriano, che lì presente l'aveva interrotto con alcune osservazioni, dicendogli di andarsene e aggiungendo: "Tu di queste cose non capisci niente." Cassio Dione Cocceiano Storia Romana LXIX 4 ">Cassio Dione Cocceiano Storia Romana LXIX 4 " href="http://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_di_Venere_e_Roma#cite_note-1">[2]
Danneggiato dal fuoco nel 307, fu restaurato dall'imperatore Massenzio. Un ulteriore restauro fu eseguito sotto Eugenio, un effimero usurpatore (392-394) contro Teodosio I, la cui politica mirava alla restaurazione dei culti pagani.
Nel IX secolo un terremoto distrusse il tempio.
Le colonne che vediamo oggi, furono dissotterrate e allineate secondo la posizione originaria, per intervento personale di Benito Mussolini,[
senza fonte] nel corso dei lavori per aprire la via dei Fori Imperiali.



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